PARLIAMO DEL PEMFIGOIDE NON BOLLOSO

PARLIAMO DEL PEMFIGOIDE NON BOLLOSO
Uno studio descrive per la prima volta gli aspetti della malattia
18/05/2020

(Lamberts A, Meijer JM, Pas HH, Diercks GFH, Horváth B, Jonkman MF.)

Il pemfigoide bolloso è una malattia bollosa autoimmune caratterizzata dalla presenza di prurito severo e bolle tese su cute infiammata, che colpisce prevalentemente pazienti di età elevata. In un paziente su cinque le tipiche lesioni bollose sono assenti; tale variante viene denominata “pemfigoide non bolloso”(NBP). In questi casi, la malattia si manifesta spesso con prurito e un ampio spettro di manifestazioni cutanee, che possono ricordare placche orticarioidi, papule o noduli. Per l’eterogeneità delle manifestazioni cliniche, la diagnosi di pemfigoide non bolloso può essere difficoltosa.

Uno studio retrospettivo di Lamberts A e coll, recentemente pubblicato sul JAAD, ha descritto per la prima volta in maniera approfondita diversi aspetti di questa malattia.

Gli autori hanno esaminato retrospettivamente le cartelle di 69 pazienti, con diagnosi di NBP, selezionati in base alla presenza di almeno due dei seguenti criteri: 1) presenza di prurito, 2) immunofluorescenza diretta positiva, 3) immunofluorescenza indiretta su cute separata positiva. La presenza di lesioni bollose era criterio di esclusione dallo studio.

Il follow-up medio era di 22 mesi, con un’altissima variabilità tra i pazienti (0-218 mesi).

In base ai dati raccolti, il prurito era presente nel 98.5% dei pazienti, accompagnato da lesioni eterogenee, prevalentemente papule/noduli (37%), ma anche lesioni orticarioidi (11.8%) o eczematose (4.4%). Nel 20 % dei casi coesistevano tipi diversi di lesioni. Il 22% dei pazienti presentava prurito in assenza di lesioni primarie. Il 17% dei pazienti hanno sviluppato lesioni bollose durante il follow-up. Mentre l’istopatologia era spesso aspecifica, l’immunofluorescenza diretta e indiretta erano positive rispettivamente nel 60% e nel 69% dei casi. 

Il ritardo diagnostico medio, legato all’eterogeneità delle manifestazioni cliniche, era di 29 mesi, di molto superiore rispetto al pemfigoide bolloso, in cui è stimato intorno ai 6 mesi. 


I pazienti sono stati trattati con trattamenti convenzionali: corticosteroidi topici e sistemici, metotrexate, azatioprina, doxiciclina e dapsone. Gli Autori riportano una maggiore efficacia del metotrexate (assunto da 15 pazienti), in monoterapia o associato a corticosteroide sistemico. Tuttavia, dal momento che si tratta di uno studio retrospettivo su un numero limitato di pazienti con un follow-up spesso breve, questi dati non permettono di trarre conclusioni definitive sulla maggiore efficacia di una terapia rispetto all’altra.


Il pemfigoide non bolloso è una variante clinica la cui incidenza è probabilmente sottostimata. Le sue caratteristiche cliniche aspecifiche, e, a volte, la totale assenza di lesioni, contribuiscono a ritardare in maniera considerevole la diagnosi, e quindi l’inizio di una terapia adeguata. Per questo motivo secondo gli Autori la diagnosi di NBP dovrebbe essere presa in considerazioni in tutti i pazienti anziani con prurito cronico e refrattario ai trattamenti, anche in assenza di lesioni cutanee primarie, o in presenza di lesioni atipiche per pemfigoide bolloso. Dal momento che l’istopatologia non sembra dirimente, gli Autori suggeriscono in questi casi l’esecuzione di immunofluorescenza diretta o indiretta per la conferma diagnostica. 

Questo studio presenta alcuni limiti. Si tratta di uno studio retrospettivo, dunque i dati relativi ai punteggi di severità della malattia (Bullous Pemphigoid Disease Area Index – BPDAI) sono assenti. Inoltre, il breve periodo medio di follow-up non permette di avere informazioni su un eventuale sviluppo futuro di lesioni bollose. 

Ciononostante, questo lavoro rappresenta un interessante approfondimento su questa variante di pemfigoide non ancora ben inquadrata. 

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